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Fongaro

Fongaro

L’Azienda: storia, vigneti, stile Era il 1975 quando Guerrino Fongaro, arrivato in Lessinia, comune di Roncà, per godersi gli anni della pensione, decise di recuperare il vigneto intorno...

Anno di fondazione1975
EnologoTanita Danese
Vigneto proprio:12 / ha
Produzione annuale80.000 bottiglie
Paese
Regioni
Uve

Vino di Fongaro

4 prodotti

26,00

Esaurito

44,90

Esaurito

26,50

Esaurito

28,50

Fongaro

L’Azienda: storia, vigneti, stile

Era il 1975 quando Guerrino Fongaro, arrivato in Lessinia, comune di Roncà, per godersi gli anni della pensione, decise di recuperare il vigneto intorno alla sua tenuta reimpiantando la durella, una varietà esigente e molto acida allora in estinzione e generalmente soppiantata dalla garganega. Erano gli anni del grande successo commerciale del Soave, e la durella, ritenuta al più un’uva da taglio esportata a questo fine persino in Champagne, veniva sistematicamente abbandonata dai contadini di questo scorcio di Veneto a cavallo tra le province di Verona e Vicenza.

Uva molto acida, la durella, e in più coltivata in un comprensorio fittamente vulcanico. Da questi due ingredienti, che erano responsabili di semplici vini estremamente verticali e minerali, Guerrino intuì le potenzialità del territorio per la produzione di grandi spumanti a metodo classico. I suoli, da queste parti, sono ricchissimi di scheletro, perché, oltre alla componente minerale delle sedimentazioni vulcaniche che, erose dai venti, si sono sparse in tutta la Lessinia, sussiste ancora, localmente, un corposo inserto di quello che un tempo era il fondale oceanico da cui i vulcani si sono successivamente stagliati.

Fosforo, magnesio, potassio, ma anche basalti si trovano all’ordine del giorno intorno all’azienda, e non di rado presentano l’aspetto di formazioni rocciose scure: esaltano, ovviamente, la naturale verticalità e mineralità dell’uva autoctona del territorio, la durella. A questo, Fongaro aggiunge sin dalla sua fondazione due aspetti per il tempo a dir poco pionieristici: la coltivazione del vigneto a regime biologico certificato, sin dal 1985, e l’impostazione di un ben preciso stile per tutta la gamma, esclusivamente dedicata alle bollicine a metodo classico, tecnica considerata giustamente migliore per valorizzare le potenzialità della durella.

Pazienza, quindi, e molti anni per vedere realizzato qualsiasi progetto, anche al di là delle logiche di mercato. Inizialmente, Guerrino vinificava per amici e conoscenti, e solo successivamente l’azienda ha assunto i tratti della moderna cantina di vinificazione e affinamento. A Guerrino va dato il merito di aver posto le basi, insieme a un paio di altre aziende della zona, per quello che oggi può essere considerato il più importante comprensorio spumantistico italiano a metodo classico da uva autoctona.

Oggi l’azienda è guidata da Tanita Danese, una giovane donna che incarna perfettamente il connubio tra competenza tecnica e radicamento sul territorio. A lei si devono le recenti innovazioni aziendali, anche in vigna e in cantina, nonché in fatto di comunicazione, distribuzione e ricettività. Fongaro conta oggi circa 12 ettari vitati, per la parte più storica, impiantata da Guerrino alla fondazione, intorno alla cantina: esposizioni ottimali, soprattutto verso sud-ovest, e filari spesso molto ripidi. L’altitudine oscilla tra i 300 e i 500 metri s.l.m. e il sistema di allevamento prediletto è la pergola veronese, ma sono presenti filari a guyot. Rispetto all’ampio territorio della Lessinia vocato alla durella di qualità, Fongaro si trova nella parte più meridionale, considerata la migliore e più densamente vulcanica in fatto di suoli, vicino al centro di Santa Margherita e all’interno del cru di Brenton.

La durella è un vitigno produttivo, ma va saputo trattare e contenere. In vigna i trattamenti sono ridotti all’essenziale ed è tutto naturale, senza nessuna meccanizzazione. In cantina, la solforosa aggiunta, quando strettamente necessario, è quasi nulla rispetto ai limiti minimi prescritti dal regime biologico. La cantina appare del resto ottimamente organizzata, con ambienti dedicati allo stoccaggio, al confezionamento e all’affinamento, che avviene su pupitre tradizionali e con remuage rigorosamente manuali.

I vini

Fongaro è il regno del metodo classico, cioè degli spumanti prodotti con la rifermentazione in bottiglia come lo champagne. E in cantina si respira in effetti tutta l’aria del lavoro certosino. La gamma, del resto, è volutamente limitata a questa tipologia, anche se la durella può esprimersi abbastanza bene come bianco fermo o, talvolta, passito. Ma Fongaro è, come si sarà capito, un’azienda che non ama compromessi, e che infatti lavora su livelli qualitativi altissimi: lo dimostra il ridotto e selezionato numero di bottiglie prodotte mediamente ogni anno, cioè circa 80000, e il fatto che i vini di alta gamma, quando l’annata non lo suggerisce, non vengono imbottigliati.

All’ingresso della gamma Fongaro si trovano due interessanti cuvée millesimate, che sono le uniche etichette in cui la durella non occupa il 100% dell’uvaggio. Vini base? Può darsi, eppure sostano sui lieviti per almeno due anni, e tutto, nella loro produzione, è svolto manualmente. La Cuvée, etichetta bianca, è un blend di durella e manzoni bianco (15%) dall’ammaliante color paglierino con note avvolgenti di minerali, crosta di pane, frutta candita, pietra focaia. Si tratta di un vino già morbido, setoso e corposo, che chiama subito in causa alcuni degli aspetti stilistici più qualificanti della casa.

L’altra cuvée brut, chiamata Gran Cuvée, è un blend di durella e chardonnay (sempre 15%), quindi con un quid di colore, agrume, frutto e rotondità varietale in più. Esotico e balsamico, è uno spumante eccellente per chi ama trovar subito smussati gli spigoli più problematici della durella.

I magnifici quatto della gamma Fongaro sono gli spumanti metodo classico da durella in purezza. Quattro etichette dotate di una personalità unica, straordinaria e riconoscibile, che certificano pienamente l’orientamento dell’azienda verso l’interpretazione di una durella di classe, setosa e di buon corpo, pur senza cedere minimamente in acidità e verticalità sapida.

Tecnicamente, tutti i metodo classico in purezza di Fongaro possono fregiarsi della menzione “riserva”, in quanto non sostano sui lieviti meno di 60 mesi; tuttavia, solo per due di essi la cantina rivendica questa menzione in etichetta, cioè quelli che riposano sulle pupitre per non meno di 72 mesi. A queste etichette, che sono le riserve vere e proprie, Fongaro assegna le migliori uve della parte più elevata e storica del vigneto, dove sussistono ceppi che rasentano i cinquant’anni, essendo stati impiantati da Guerrino.

E se, in ogni caso, fermentazione e presa di spuma avvengono mediante lieviti indigeni, solo ai vini-base delle riserve viene assegnato un affinamento moderato e parziale in legno. Il resto, così come i vini-base dei vini non etichettati come riserva, sosta in acciaio e in vecchi tini di cemento. Le vendemmie, rigorosamente manuali, impegnano l’azienda verso inizio settembre, quando la durella è matura ma non ha ceduto nulla della sua proverbiale acidità. Al momento della vinificazione, lo stile Fongaro prevede una leggera macerazione sulle bucce e una lieve ossigenazione della massa, ciò che conferirà un corpo più ampio e complesso al prodotto finale.

Il brut Etichetta Viola, con soli 5 g/l di dosaggio, è un metodo classico che stupisce per intensità e ampiezza olfattiva. Paglierino carico, ricorda, oltre alla crosta di pane, la frutta secca come la mandorla e la nocciola. Il sorso è equilibrato e setoso, per quanto l’impatto sia asciutto e teso.

Il pas dosé Etichetta Verde è un campione di tipicità. Durella in purezza, sosta sui propri lieviti non meno di 60 mesi, cioè cinque anni di paziente attesa in cantina, con circa un mese di certosino remuage manuale al termine del quale si procede con la sboccatura. Il vino-base aveva precedentemente subito una maturazione in cemento. Ne deriva, complice il dosaggio nullo, un calice paglierino comunque con tratti più intensi, anche se non pienamente dorati, segno della galoppante acidità dell’imminente sorso. Il perlage è continuo, vivace, persistente, elegante fin solo alla vista.

I profumi, tanto fini quanto complessi, non si fermano certo alla crosta di pane, che anzi è perfettamente amalgamata in un’armonia di sentori di fiori bianchi, agrumi, frutti canditi, erbe aromatiche, acacia, e sul finire dell’olfazione evolve in un interessante bouquet che unisce l’anice, il balsamico e il pan brioche. Il sorso è durella 100%: sferzante e verticale per acidità, lascia anche una persistenza molto ammandorlata e particolarmente secca per l’imponente sapidità dell’assaggio. Il “colpo” è reso più carezzevole dall’incredibile setosità della bollicina e dalla struttura comunque robusta del sorso.

L’Etichetta Verde è certamente un grandissimo vino per aperitivi di alto profilo, magari con una bella selezione di prosciutto Berico-Euganeo, ma eccelle anche in preparazioni più complesse: di grande impatto in abbinamento con dei tagliolini alla granseola, fettuccine con polpa di astice e pomodoro, e ovviamente con tutti i secondi, anche succulenti, a base di pesce, ma anche con carni bianche, leggere, pollame ben condito e, volendo, anche con alcuni tagli di carne alla griglia, estivi, ricchi di succo, magari accompagnati da ricchi contorni.

La gamma Fongaro si completa con le due “riservissime”, rispettivamente brut e pas dosé. Il brut è un riserva di durella di color paglierino con echi dorati, con un naso sfaccettato che apre già evoluto, con note di crosta di pane e sentori tostati arricchite da una trama di frutta secca, frutta gialla matura e surmatura, con un corredo ficcante ma piacevole di mineralità.

Il pas dosé è un metodo classico riserva per amanti della bollicina sorprendente. Siamo di fronte a una grande bottiglia, oltre che a un vero e proprio cru della denominazione dei Monti Lessini: perlage elegantissimo e di incredibile persistenza, questa riserva regala alla vista un colore dorato. All’olfatto, sfoggia un’intensa stratificazione che richiama la frutta matura, la pasticceria fresca e secca, la vaniglia, le spezie dolci e orientali, l’ananas, la pesca sciroppata e… si potrebbe non finire mai. Il sorso è rotondo e cremoso, ma stupisce per la mai sopita verticalità e per una sapidità che conferma tutta la persistenza amaricante degli assaggi precedente. Rappresenta indubbiamente la massima espressione che una durella a metodo classico può raggiungere, ed è ragguardevole. Ottimo in abbinamento a un risotto con le capesante o a un branzino in crosta di patate. Resiste perfettamente all’abbinamento con carni rosse ben grigliate e succulente, ma anche con arrosti e brasati riccamente conditi con salse. Intrigante con i bigné alla crema Chantilly ed è da provare con la sbrisolona alle mandorle.

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