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Vino di Amarone della Valpolicella

Nato forse per caso, a Negrar, da una fermentazione di Recioto spontaneamente condotta fino all'esaurimento degli zuccheri, cosa insolita e sconosciuta in anni in cui l'azione dei lieviti era ancora in buona parte un mistero, il vino Amarone della Valpolicella è diventato, da https://www.italvinus.it/it/regione/italia/veneto/recioto-della-valpolicella/allora, uno dei prodotti più prestigiosi e ambiti dell'enologia italiana. "Amarone", quindi, non perché amaro – in questo vino il residuo zuccherino è sempre ben superiore a quello di un normale rosso secco – ma perché amarognolo rispetto al dolce e vellutato Recioto, che è il vino più tradizionale della Valpolicella.

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Amarone della Valpolicella

Nato forse per caso, a Negrar, da una fermentazione di Recioto spontaneamente condotta fino all'esaurimento degli zuccheri, cosa insolita e sconosciuta in anni in cui l'azione dei lieviti era ancora in buona parte un mistero, il vino Amarone della Valpolicella è diventato, da https://www.italvinus.it/it/regione/italia/veneto/recioto-della-valpolicella/allora, uno dei prodotti più prestigiosi e ambiti dell'enologia italiana. "Amarone", quindi, non perché amaro – in questo vino il residuo zuccherino è sempre ben superiore a quello di un normale rosso secco – ma perché amarognolo rispetto al dolce e vellutato Recioto, che è il vino più tradizionale della Valpolicella.

Il nuovo epiteto Amarone per indicare questo “recioto secco” nasce nella primavera del 1936 nella Cantina Sociale Valpolicella, al tempo con sede presso Villa Mosconi ad Arbizzano, ad opera del capocantina Adelino Lucchese, che, grazie al fortunoso ritrovamento di una botte di recioto dimenticata in cantina e spillandone il vino con scarsa convinzione, uscì nell’esclamazione entusiastica: “Questo non è un amaro, è un amarone!”.

In realtà la storia dei vini della zona è molto più antica, vini secchi compresi. È ben noto che i vini della Valpolicella, chiamati un tempo retici, sono citati da Catullo, poeta latino del I secolo a.C., proprio come calices amariores, cioè appunto “secchi”, “amari”. Cassiodoro, nei primi anni del V secolo, si occupa di fornire al re ostrogoto Teodorico un vino rosso e bianco da tavola della Valpolicella, chiamato acinatico, quasi certamente secco, e ancora nei secoli successivi, fino al Settecento, si trovano molte fonti che testimoniano della produzione di vini secchi in zona. Tornando al Medioevo, persino nell'Editto di Rotari si parla dei vini retici, laddove si stabilivano pene molto severe per chi arrecava danno alle viti e multe salate per chi rubava i grappoli.

L’Amarone è in definitiva, a tutti gli effetti, un vino passito secco. Raccolte talvolta leggermente surmature, le uve dell'Amarone vengono poste ad appassire, in genere fino a dicembre o anche febbraio, in fruttai tipicamente collocati nei soffitti delle aziende, in collina. Qui i grappoli vengono disposti in graticci detti "arele" e lasciati essiccare per oltre 100 giorni in condizioni ottimali di ventilazione e temperatura, perdendo fino a un terzo del loro peso originale. È questa pratica che conferisce all'Amarone la tipica rotondità, la morbidezza opulenta e vellutata, il tannino levigato e affatto dolce. Un lungo invecchiamento in legno perfeziona la sua struttura e personalità unica, rendendolo in grado di conservarsi ed evolversi per decenni.

Alla sontuosità del vino rosso Amarone contribuiscono infatti anche i lunghi affinamenti, di almeno due anni per i prodotti d'annata e almeno quattro per le riserve: limiti che, prescritti dal disciplinare, vengono sovente superati e comunque prevalentemente condotti in legno (botti grandi, ma sempre più spesso barrique, anche nuove), per perfezionare la rotondità di questo immenso rosso dosandone alla perfezione l'irruenza pseudocalorica ed esaltandone le memorabili potenzialità di affinamento. Data la sua importanza a livello organolettico, si accompagna ottimamente a secondi piatti di carne, selvaggina, stracotti e stufati, formaggi stagionati, ma può anche essere degustato da solo come vino da meditazione.

La Valpolicella, terra di dolci colline marnose e calcaree con esposizioni perfette e microclimi fantastici, tendenzialmente miti perché protetti dalle correnti alpine e dalla felice influenza del Lago di Garda, costituisce del resto uno dei comprensori storici della viticoltura nazionale, ben noto già nell'Antichità. Il sistema di allevamento più diffuso è ancora oggi la pergola veronese, che ha più di 2000 anni di storia. La chioma protegge i grappoli dal sole, mentre l'altezza evita i possibili danni di brina e umidità garantendo comunque una buona escursione termica giornaliera.

La zona di produzione della denominazione copre l’intera fascia pedemontana della provincia di Verona, interessando 19 comuni – 5 nella zona classica e 14 nella zona DOC – e circa 30000 ettari. Il suo territorio confina ad ovest con il Lago di Garda, mentre a est e a nord è protetta daiMonti Lessini. Secondo il disciplinare di produzione è suddivisa in tre zone ben distinte: la zona Classica, formata da cinque aree geografiche, ovvero l’areale di Sant’Ambrogio di Valpolicella e di San Pietro in Cariano, le vallate di Fumane, Marano di Valpolicella e Negrar di Valpolicella; la Valpantena, che comprende l’omonima valle; i comprensori del comune di Verona e le valli di Illasi, Tramigna e Mezzane.

La struttura paesaggistica della Valpolicella risulta estremamente ricca grazie alla presenza di un territorio morfologicamente vario che può essere suddiviso in tre macro-aree: la zona montuosa calcarea, formata dai Monti Lessini; la fascia collinare, che ospita gran parte della superficie vitata e dei vigneti; la zona di fondovalle. Areale ampio e complesso, la Valpolicella include pertanto zone alluvionali, a matrice calcarea e a prevalenza vulcanica, non di rado mescolate tra di loro in un mosaico geologico notevolmente composito.

Costituita da valli che si sviluppano in direzione nord-sud, la Valpolicella si presenta idealmente quindi come un ventaglio di vallate che si dipartono da Verona. Il paesaggio è prevalentemente collinare, con morbidi declivi e spartiacque a quote basse, ed è dominato pressoché ovunque dai vigneti, intervallati da olivi e ciliegi. Le caratteristiche geologiche e climatiche del territorio, unico e variegato, sono alla base della grande originalità e tipicità dei suoi vini.

La Valpolicella ha un clima che in senso generale si può classificare come continentale o sub-continentale, ma con l’influenza di vari fattori geografici che creano diversi microclimi, in particolare a ridosso delle colline: prima fra tutte, l’influenza del Lago di Garda, che regala ad alcuni fazzoletti di terra della zona un clima sub-mediterraneo.

I vitigni, in una regione rossista tutt'altro che monovarietale, rappresentano il nerbo di questa tipicità. Caratteriale, morbida e colorata, la corvina si avvale quasi sempre dell'apporto della rondinella, sapida, minerale e strutturata, ma anche di altri autoctoni come il corvinone e la molinara, protagonisti di uvaggi mutevoli, poliedrici e originali. La regina, si sa, è la corvina. Fresca ed elegante, di buona produttività e dai complessi e profondi sentori fruttati e floreali, la corvina rappresenta il nerbo dei vini della Valpolicella e la loro assicurazione sulla longevità. Assaggiarla in purezza, pratica tuttavia non comune in Valpolicella – zona tradizionalmente legata all’assemblaggio – significa entrare nell’anima di questi vini e nell’essenza di questo territorio ormai noto in tutto il mondo.