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Vino di Bardolino

Al di là dei ritrovamenti di semi (vinaccioli) classificati come appartenenti alla vitis silvestris nelle palafitte dell’età del bronzo scoperte a Peschiera del Garda, Pacengo e Cisano di Bardolino, i più antichi reperti riferiti all’uso del vino nell’attuale territorio del Bardolino sono di epoca romana. Tuttavia, le prime documentazioni scritte della viticoltura nel territorio del Bardolino risalgono all’epoca altomedievale. Furono, come in tanti altri comprensori italiani ed europei, le istituzioni religiose a incentivare lo sviluppo agricolo, favorendo la coltivazione dell’olivo e della vite.

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Bardolino

Al di là dei ritrovamenti di semi (vinaccioli) classificati come appartenenti alla vitis silvestris nelle palafitte dell’età del bronzo scoperte a Peschiera del Garda, Pacengo e Cisano di Bardolino, i più antichi reperti riferiti all’uso del vino nell’attuale territorio del Bardolino sono di epoca romana. Tuttavia, le prime documentazioni scritte della viticoltura nel territorio del Bardolino risalgono all’epoca altomedievale. Furono, come in tanti altri comprensori italiani ed europei, le istituzioni religiose a incentivare lo sviluppo agricolo, favorendo la coltivazione dell’olivo e della vite.

È nel XIX secolo che la produzione vinicola del Garda veronese incomincia a essere identificata esplicitamente con il nome di “Bardolino”. Nel 1897 lo scrittore bresciano Giuseppe Solitro, parlando dei vini del Garda, scrive che “tra i più reputati della regione sono quelli di Bardolino, che questo nome corron tutta l’Italia e competono con i migliori della penisola”. Nel 1900, Giovanni Battista Perez, nel suo studio “La Provincia di Verona ed i suoi vini”, testimonia addirittura che i vini locali “fatti come devesi, invecchiando in vetro possono passare per Beaujolais”, e aggiunge che “li Svizzeri li spacciarono nei loro hôtels per roba francese”.

Apprezzato da Paolo Monelli e Luigi Veronelli, il Bardolino ottiene la DOC nel 1968, circa quarant’anni dopo la costituzione del consorzio locale di tutela. Con l’inizio del XXI secolo i vigneti del Bardolino sono stati in larghissima parte rinnovati. Le cantine nella zona di produzione sono un centinaio: accanto a piccolissime realtà a conduzione familiare, che commercializzano poche migliaia di bottiglie, operano alcune fra le maggiori case vinicole italiane.

Qui, dove i vigneti del Garda risalgono via via dal lago verso quell'entroterra che confina con la Valpolicella e con la bassa del Mincio, i vitigni classici dell'Amarone assumono una veste diversa, gioviale, vivida, brillante. Una veste che parla a tutti i palati e a tutti i pasti, svestendosi della struttura opulenta e maestosa della Valpolicella per indossare i panni del vino fragrante, pronto, fresco, equilibrato.

Su queste meravigliose colline, che segnano la strada del vino e su questi suoli eterogenei (sabbiosi, argillosi, ghiaiosi) ma freschi e diffusi, domina il clima mediterraneo del Garda, arricchito dalle escursioni termiche delle correnti montane. I suoli delle colline moreniche del territorio del Bardolino sono caratterizzati da una estrema variabilità (la zonazione condotta recentemente ne ha individuato 66 tipologie, distribuite nelle tre sottozone Sommacampagna, La Rocca e Montebaldo), dovuta ai depositi lasciati dai ghiacciai che modellarono il bacino gardesano e, in parte, da quelli che discesero la valle dell’Adige.

Un contesto, dunque, che esalta la finezza e la giovialità delle uve, fruttate e floreali, certo, ma anche sottili ed eleganti. È per questo che a Bardolino, e negli altri comuni in cui la denominazione può assumere la menzione “Classico” (da Affi a Garda), il vino-simbolo è il chiaretto, un tipico rosato settentrionale che riceve però nerbo e carattere dalle uve: quella corvina che, unita a rondinella, corvinone e molinara, costituisce altrove la stoffa impareggiabile della Valpolicella. Il vino legato al territorio di produzione è un simbolo della tradizione della zona, tant'è che in autunno viene organizzata, a Bardolino la festa del vino, in cui l'engoastronomia la fa da protagonista.

Ma Bardolino non è terra di soli chiaretti. Ci sono anche rossi con una spina dorsale decisa e sostanziosa, tanto che, dopo almeno un anno di affinamento, possono reclamare, con la menzione “Superiore”, la DOCG. Un'espressione solenne e imperiosa del Bardolino, cui la corvina regala corpo e colore, la rondinella freschezza e nota vegetale, la molinara fragranza e brio. 

Nella versione “base” il Bardolino ha un colore rubino brillante, è delicatamente fruttato, con note di ciliegia, marasca, fragola, lampone ed è dotato di grande bevibilità. Nei vini superiori delle tre sottozone, affinati per almeno un anno e provenienti da vigneti caratterizzati da rese inferiori per ettaro, i sentori del Bardolino acquistano in eleganza: i colori restano tenui e si accentua la complessità del bouquet verso toni speziati di cannella, chiodo di garofano o pepe nero e verso note di fiori appassiti e agrumi.