Bolgheri

Dalla metà del secolo scorso Bolgheri, per gli appassionati del Made in Italy in tutto il mondo, non è più soltanto il convenzionale paesino maremmano cantato da alcuni noti versi di Carducci. È diventato, infatti, uno dei terroir più ricercati ed eleganti del vino italiano e internazionale. Merito della lungimiranza di enologi ed aristocratici che, come il marchese Incisa della Rocchetta nel vigneto mitico di Sassicaia, hanno deciso di impiantare uve francesi là dove le tenui colline e le piane esposte verso il Tirreno non erano neppure mai state considerate vocate alla vinificazione in rosso. E invece...
Bolgheri vanta, infatti, un microclima particolare, in cui la ventilazione marina, mai eccessiva, rinfresca l'ambiente e favorisce le ottime escursioni termiche alla fine dell'estate, che contribuiscono a regalare alle uve ottime maturazioni ed eccellenti concentrazioni, senza però evolvere verso l'eccesso di muscolarità. I terreni, che si distinguono in alluvionali, ciottolosi e marino-fluviali, completano il profilo di una denominazione giovane ma molto varia, e soprattutto qualitativamente orientata all'eccellenza.
Come tutte le grandi denominazioni, anche Bolgheri, fermo restando il nucleo originario di Sassicaia, è costellato di grandi cru diventati via via veri e propri paradigmi del vino internazionale in Italia: Guado al Tasso, Ornellaia, Grattamacco, Macchiole sono solo i principali, e non hanno certo bisogno di presentazioni.
Pur esistendo anche in versione bianco e rosato, il grande Bolgheri è certamente il rosso. Un rosso che prescrive la prevalenza del Cabernet Sauvignon e del Merlot, ma che non rinuncia, spesso, a una piccola quota di Sangiovese, omaggio al territorio storico. Ma, caratteristica delle caratteristiche, il Bolgheri affina in barrique, per almeno un anno: una scelta che oggi può apparire scontata, ma che, tra gli anni Quaranta e i Sessanta, quando Sassicaia vide per la prima volta la luce, costituiva una vera e propria rivoluzione nel panorama enologico italiano.