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Italia
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CARRELLO
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Vino di Colli Euganei

I Colli Euganei regalano alcuni degli scorci più suggestivi di tutta la piana veneta. Infatti, appaiono da lontano come coni rovesciati che si stagliano maestosamente dalla pianura. E, in più, sono stati teatro di passaggi illustri. Ad Arquà, nella parte meridionale del comprensorio, Francesco Petrarca si stabilì per gli ultimi anni della sua vita, dal 1370, in una casa tuttora visitabile nello spettacolare centro storico del borgo. E sui Colli Euganei, qualche secolo più tardi, Ugo Foscolo soggiornò alcuni mesi tra il 1796 e il 1797, respirando il mito di Petrarca e concependo tanti di quei sacri valori civili poi trasposti nelle Ultime lettere di Jacopo Ortis, che appunto si fingono scritte “da’ Colli Euganei”.

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Colli Euganei

I Colli Euganei regalano alcuni degli scorci più suggestivi di tutta la piana veneta. Infatti, appaiono da lontano come coni rovesciati che si stagliano maestosamente dalla pianura. E, in più, sono stati teatro di passaggi illustri. Ad Arquà, nella parte meridionale del comprensorio, Francesco Petrarca si stabilì per gli ultimi anni della sua vita, dal 1370, in una casa tuttora visitabile nello spettacolare centro storico del borgo. E sui Colli Euganei, qualche secolo più tardi, Ugo Foscolo soggiornò alcuni mesi tra il 1796 e il 1797, respirando il mito di Petrarca e concependo tanti di quei sacri valori civili poi trasposti nelle Ultime lettere di Jacopo Ortis, che appunto si fingono scritte “da’ Colli Euganei”.

Antichi borghi, ma anche ville patrizie, castelli e castelletti testimoniano questa lunga e aristocratica storia. Che è anche, però, una ancora più antica storia geologica, che racconta tantissimo dei vini di questi colli e della loro grandiosa espressione contemporanea. È d’altronde proprio intorno al Castello di Lispida, a Monticelli di Monselice, che i nobili Corinaldi, proprietari della tenuta e protagonisti della trasformazione in castello di quello che era un antico monastero, verso il 1870 impiantarono viti di uve francesi, merlot e cabernet, di fatto avviando la grande storia dei rossi degli Euganei.

Suoli e climi

Anticamente, la zona dei Colli Euganei era, come tutta la pianura padana, coperta dai mari. Questo finché un susseguirsi di manifestazioni vulcaniche arrivò a scuoterne i fondali. La prima attività eruttiva si manifestò circa 43 milioni di anni fa. Colate sottomarine di lava basaltica, assai fluide e ricche di gas e vapori, si riversarono sul piatto fondale del mare, generando in tempi relativamente rapidi affioramenti e nuove formazioni rocciose. Oggi, ciò che resta di questa prima fase vulcanica affiora nel settore centrale dei Colli.

Ma fu una seconda fase, avvenuta circa 35 milioni di anni fa, che conferì al comprensorio euganeo la sua forma attuale. La forte spinta dei magmi sollevò e fratturò nei modi più disparati gli antichi strati del fondo marino che, fino ad allora, avevano conservato la conformazione originale, ripida e suggestiva. Naturalmente, come in ogni antico comprensorio vulcanico, anche sugli Euganei alcune zone hanno conservato una componente eruttiva più pura e compatta, mentre altre, per effetto degli agenti atmosferici, si sono lentamente sgretolate e mischiate ad altre componenti minerali.

Comprensorio vulcanico nel suo insieme, i Colli Euganei sono quindi molto compositi al loro interno. I suoli più antichi, in realtà, sono di tipo calcareo o, localmente, calcareo-argilloso e marnoso (la cosiddetta “marna euganea”): sono le rocce che un tempo erano fondali marini. Queste rocce sedimentarie si presentano solitamente di color bianco o biancastro, a volte grigio-verdastro, non di rado popolate da fossili marini. Lungo questi sedimenti, diffusi un po’ in tutto l’areale, ha fatto irruzione il primo grande episodio vulcanico di 43 milioni di anni fa. Questa eruzione ha provocato la formazione di rocce basaltiche molto scure, che sono particolarmente concentrate nella zona occidentale e centro-meridionale del comprensorio degli Euganei, soprattutto verso il monte Gemola e il centro di Teolo.

La seconda fase eruttiva ha portato in superficie suoli ad alta concentrazione acida, ricchi in silice, ma di colore variabile dal molto scuro al chiaro. È il caso di formazioni come il monte Cinto, estremo sud-ovest dei Colli, di Rocca Pendice verso Teolo, del monte Brusà presso Luvigliano – nelle vicinanze della storica Villa dei Vescovi, oggi bene del FAI – e naturalmente del monte Cecilia, all’estremità meridionale degli Euganei.

Generalizzando un po’, si può dire che la zona centro-meridionale dei Colli Euganei presenta una maggior concentrazione di suoli vulcanici, pur con occasionali residui dei sedimenti calcarei; è dunque la zona più vocata ai grandi rossi. Nell’areale centro-settentrionale dei Colli, invece, si assiste a una rarefazione dei suoli prettamente vulcanici in favore di una maggiore diversificazione e, fatto da non trascurare, di più frequenti esposizioni settentrionali: è la parte degli Euganei più vocata ai vini bianchi.

A questa ideale disposizione contribuisce anche il clima. Il clima è generalmente più mite rispetto alla pianura, sia in estate che in inverno, con variazioni termiche meno marcate. Così, nei pendii esposti a meridione dove i raggi solari arrivano più diretti e carichi di calore, si trovano molte specie peculiari della flora mediterranea. Diversamente, nei freschi e ombrosi versanti settentrionali e nelle strette incisioni vallive formate da corsi d’acqua per lo più temporanei, si insediano specie amanti di climi freschi, alcune di esse lasciateci in eredità da epoche glaciali lontane.

I vitigni

Come giustamente afferma il Consorzio di Tutela dei vini euganei, sui Colli, in fatto di vitigni, i concetti di autoctono e internazionale si confondono. L’impianto di uve francesi nel comprensorio euganeo risale infatti all’Ottocento, e quindi non è peregrino sostenere che merlot e cabernet sauvignon, ma anche carmenère e cabernet franc, siano, da queste parti, varietà autoctone. Ma andiamo con ordine.

Nella seconda metà dell’Ottocento si avvia sui Colli Euganei un nuovo periodo all’insegna della sperimentazione e della specializzazione. Fu il conte Augusto Corinaldi a mettere a dimora per primo nel Veneto, nella sua tenuta di Lispida, le uve arrivate d’oltralpe, con l’obiettivo di realizzare un’etichetta spendibile all’estero, potenzialmente in grado di vincere anche qualche medaglia internazionale. A tal fine, il conte si dota di uno staff di livello, con enologi di formazione internazionale, e mette su una delle cantine allora più grandi del Veneto, con una capacità produttiva di 30000 ettolitri l’anno.

Il merlot, quindi, diventa il vino più rappresentativo del Padovano già nell’Ottocento, quindi prima della fillossera e prima che scattasse, anche in altre regioni italiane, la moda del vitigno bordolese. La DOC Colli Euganei nasce nel 1969 e accoglie fin da subito le varietà internazionali come le più tipiche del territorio. Saggia decisione, perché gli Euganei conferiscono a merlot e cabernet un taglio tutto particolare, proprio, singolare: i Colli sono il più importante, forse unico comprensorio del Vecchio Mondo in cui i vitigni bordolesi prosperano su un suolo vulcanico, a tratti calcareo, aggiungendo un’insolita mineralità alle loro caratteristiche note erbacee.

A questo si devono sommare le consistenti variazioni microclimatiche e microterritoriali che contraddistinguono i Colli, nonché le diverse esposizioni e, ovviamente, le varie tecniche di vinificazione e affinamento. Come si diceva, nella zona nord dei Colli prevalgono, oltre ai bianchi, rossi carnosi, giovani e fruttati, che nelle versioni affinate esprimono setosità e suadenza aromatica. Verso sud, i rossi assumono un profilo più austero, quasi sempre vocato all’affinamento in legno, sia in botte grande, sia in barrique – fatto più che autorizzato dall’ispirazione bordolese di molti di questi assemblaggi. La matrice vulcanica dei suoli consegna vini complessi ed eleganti, quella calcarea gioca su struttura e alcolicità.

I vini

Il Colli Euganei rosso – “riserva” dopo almeno due anni di sosta in cantina – è spesso prodotto con una prevalenza di merlot e un saldo abbondante di cabernet sauvignon. Non di rado concorrono altre varietà, anche autoctone, come il raboso e la barbera, che sono uve storiche della zona. La prevalenza di merlot, da ritenersi classica, conferisce a questi vini un tannino avvolgente, mentre il cabernet interviene con complessità aromatica ed eleganza di struttura. A seconda della tipologia del recipiente di affinamento, questi vini assumono naturalmente note tostate, speziate e vanigliate, esprimendosi benissimo anche oltre vent’anni dopo la vendemmia. Il loro corredo di durezze, infatti, non si limita alla tannicità tipica delle uve, ma include la sapidità e la freschezza caratteristiche del terroir vulcanico.

Il disciplinare di produzione, inoltre, consente di sperimentare il Colli Euganei rosso da monovitigno. Ed è una scelta vincente, perché da queste parti il merlot e il cabernet si esprimono con una personalità unica anche in purezza, tanto che alcune aziende hanno fatto di questi prodotti le punte di diamante della loro gamma, spesso riservando loro affinamenti in botte (vuoi grande, barrique o tonneau) superiori ai tre anni. I rossi giovani si accompagnano a risotti ricchi, primi piatti di carne (come il classico pasticcio o i bigoli al ragù d’anatra o di cinghiale), o con secondi di carni bianche “in tocio”, cioè in umido. I rossi delle annate precedenti affinati in legno, sono ottimi con tutte le carni rosse, dalle preparazioni alla griglia a quelle brasate e formaggi stagionati.

Quanto ai bianchi, i Colli Euganei regalano soprattutto, sul fronte degli autoctoni, vini immediati e di piacevole beva. C’è il serprino, che è un biotipo lontano parente della glera, cioè il vitigno del prosecco, e che dà un bianco leggero e frizzante con chiari sentori di piccoli fiori bianchi. Poi c’è il pinello, autoctono sopravvissuto grazie alla passione di pochi vignaioli; alquanto esigente in vinificazione, concede un calice giovane, leggero, simpatico, ricco di profumi di frutta bianca freschissima. Grandi risultati dà sui Colli Euganei il manzoni bianco, ricco, complesso e sfaccettato, con note olfattive di peperone, erbe aromatiche e iodio e, al sorso, una sorprendente struttura, che si rivela vocata all’evoluzione.

L’uva bianca forse più rappresentativa dei Colli Euganei è oggi il moscato giallo, che, per le sue particolari note agrumate, viene chiamato da queste parti moscato fior d’arancio. Titolare dal 2011 della esclusiva DOCG Colli Euganei Fior d’Arancio, è tipicamente prodotto in versione spumante dolce. Complice l’alta acidità e mineralità dei suoli, è un ottimo vino da dessert ma anche da aperitivo, con una potente freschezza che ben ne bilancia la mai stucchevole dolcezza. Esprime sentori mediterranei, aromi citrini, di zagara, di salvia e di albicocca presenta una gradazione alcolica bassa, intorno ai 6 gradi, che invita a berne un secondo bicchiere.

Si produce anche in versione passita (allo scopo gli sono riservati locali idonei adeguatamente aerati, in cui le uve vengono sdraiate per qualche settimana) o da vendemmia tardiva. In questa veste si manifesta in modi molto diversi a seconda della concentrazione delle uve e della tecnica di affinamento, che avviene, a seconda del produttore, in legno o in solo acciaio. Nel primo caso è ampio, etereo, vellutato, speziato, mentre nel primo caso conserva in modo più leggibile la pizzicante nota agrumata della varietà.