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Le denominazioni d'origine del vino italiano

Che cosa vuol dire DOCG sull'etichetta di un vino? Che significato hanno le sigle indicate nella fascetta sul collo della bottiglia? Un vino DOC è meglio di un vino IGT? Proviamo a fare ordine nella selva delle leggi sul vino italiano e in particolare delle sue numerose denominazioni.

Che cos'è un vino a denominazione d'origine? 

Un vino a denominazione d'origine è un vino con un sigillo di garanzia che certifica che è stato prodotto interamente in una regione vinicola specifica e che l'intero processo è stato realizzato secondo criteri di qualità specifici e ufficialmente regolati. 

Ogni indicazione geografica o denominazione d'origine presuppone quindi di avere nel nome un toponimo: deve cioè esprimere chiaramente da quale luogo viene il vino.  

E, nella maggior parte dei casi, la legge che regola la denominazione (detto "disciplinare") impone che tutta la produzione del vino, dalla vigna all'imbottigliamento, avvenga all'interno del territorio stabilito. 

In Italia, l'importanza delle denominazioni è fondamentale: oltre il 60% del vino italiano possiede una indicazione geografica, con punte che superano il 90% in regioni come l'Alto Adige

Quanti livelli di qualità esistono secondo la legislazione europea? 

Le denominazioni permettono di classificare i vini secondo una specie di piramide qualitativa. A livello europeo, si distinguono in sostanza tre livelli: 

  • I vini senza denominazione d'origine 
  • I vini IGP, cioè a indicazione di origine protetta 
  • I vini DOP, cioè a denominazione di origine protetta

Quali sono le differenze tra una DOP e una IGP? 

Ben poche. La differenza sostanziale è che a un vino DOP sono richiesti molti più vincoli in fase di controllo e produzione. 

Ad esempio, è possibile per i vini IGP che alcune fasi della produzione vengano eseguite al di fuori della zona geografica protetta. Che, solitamente, è comunque molto più estesa di quella di una DOP, e quindi in genere non c'è neppure bisogno di "delocalizzare". 

Da un punto di vista qualitativo, insomma, non è affatto detto che un vino DOP sia di per sé migliore di un vino IGP

Ad esempio il Tignanello, che è un rosso Toscana IGP, darà certamente del filo da torcere a tantissimi Chianti Classico DOCG. Oppure alcuni bianchi come Collio e Soave, che sono certamente tra i più grandi d'Italia, sono vini DOC e non DOCG (come, ad esempio, il Fiano di Avellino). 

A proposito, che cosa vuol dire DOCG? 

L'Italia segue la piramide qualitativa del vino europeo, ma con una differenza. La categoria dei vini DOP in Italia è infatti distinta di fatto in due livelli: 

  • I vini DOC, cioè a denominazione d'origine controllata 
  • I vini DOCG, cioè a denominazione d'origine controllata e garantita 

Anche in questo caso, la differenza sta solo nel livello di prescrizioni e controlli imposti dal disciplinare di produzione. I vini DOCG devono sottostare a regole più restrittive. Per il resto, è tutto sostanzialmente uguale. 

Inoltre in Italia si etichettano i vini IGP come IGT, cioè a indicazione geografica tipica.

Che cosa regola un disciplinare di produzione? 

Quali sono quindi queste regole che si fanno via via più vincolanti man mano che si sale nella piramide qualitativa? In genere, un disciplinare IGT, DOC o DOCG include prescrizioni come: 

  • Territorio di produzione, sia per estensione sia per altitudine 
  • Vitigni consentiti e loro quantità massima o minima nell'assemblaggio e in alcuni casi in vigna 
  • Alcol minimo 
  • Resa massima delle vigne e modalità di allevamento 
  • Se e a quali condizioni è possibile oppure obbligatorio indicare l'annata del vino 
  • Tipologie di vino consentite (rosso, bianco, rosé, spumante, passito...) 
  • Se sono o meno consentite alcune pratiche in vigna o in cantina, come l'irrigazione artificiale 
  • Quali sono i tempi minimi di affinamento del vino e in che tipo di recipienti 
  • Eventuali menzioni di qualità particolari, come "vecchie vigne", oppure le sottozone e i cru

I cru nei disciplinari del vino italiano 

Da una decina d'anni, come in Francia, anche in Italia i disciplinari di alcune importanti denominazioni si sono dotate dei cru. 

Che cosa è un cru? Il cru altro non è che un vigneto, o un insieme di vigneti (quindi una zona), particolarmente vocato all'interno di una DOC. Vuoi per il suolo, vuoi per l'esposizione, il cru è noto sul territorio da generazioni per la sua qualità unica. 

Oggi i cru sono molto ricercati. Sono considerati l'espressione più diretta del terroir. Tra le denominazioni italiane che si sono dotate dei cru con un minuzioso elenco nel disciplinare ci sono Barolo DOCG (con nomi del calibro di Cannubi e Vigna Rionda), Barbaresco DOCG, Soave DOC, Conegliano-Valdobbiadene Prosecco DOCG (in questo caso si chiamano "rive"). 

Il cru, che in Italia chiamiamo (purtroppo...) "menzione geografica aggiuntiva" o in alcuni casi "sottozone" (come Inferno o Sassella nel Valtellina Superiore DOCG), rappresenta di fatto il vertice della piramide qualitativa del vino di un territorio. 

Che cosa vuol dire "riserva" nel vino italiano? 

In linea generale "riserva" vuol dire che il vino è stato affinato in cantina per almeno due anni. Detto questo, singoli disciplinari di produzione possono prescrivere periodi più brevi o più lunghi, e indicare anche in quali recipienti va effettuato l'affinamento di un vino che vuole fregiarsi della "riserva". 

Ad esempio un Barolo diventa "Barolo riserva" quando riposa in cantina almeno 62 mesi di cui 18 in botte, contro i 38 mesi (di cui 18 in botte) del Barolo "annata". 

Che cosa significano "classico" e "superiore"? 

Altre menzioni frequenti sono "superiore" e "classico".

  • Superiore indica che il vino è stato elaborato con criteri di qualità più elevati rispetto a quanto il disciplinare indica per i vini "base". Riguarda soprattutto le rese del vigneto in quintali per ettaro (più basse sono, più il vino sarà’ selezionato, quindi raffinato);
  • Classico significa che il vino è stato prodotto in un areale più ristretto della denominazione, considerato più tipico e storico, quindi di qualità superiore. 

Qual è la denominazione d'origine più antica d'Italia? 

Per tradizione, il Chianti Classico DOCG è considerato la denominazione più antica non solo d'Italia, ma del mondo. Lo si fa infatti risalire a un bando di Cosimo III de' Medici del 1716. 

In realtà, nell'epoca contemporanea, l'Italia ha cominciato ad attribuire DOC nel senso moderno del termine solo negli anni Sessanta del Novecento. L'attuale DOCG Vernaccia di San Gimignano risale al 1966, al DOC Marsala al 1969. 

Come nasce una nuova DOC? 

Per ottenere una nuova IGT o DOC è necessario che sul territorio si attivi un consorzio o un'associazione di produttori che portino avanti la proposta in sinergia con la Regione, il Ministero e la Commissione Europea. 

Si tratta di un lungo iter burocratico che negli ultimi anni ha limitato la creazione di nuove denominazioni o la "promozione" di alcune di esse a DOCG. 

Quali sono i vini senza denominazione d'origine? 

I vini senza indicazione geografica sono un po' quelli che un tempo, in Italia, si chiamavano "vini da tavola". Attenzione: questo non vuole affatto dire che siano per forza di inferiore ai vini con denominazione. 

Certo, IGT e DOC rappresentano in linea di massima una tutela per il consumatore, perché garantiscono la filiera. Ma molti vignaioli, soprattutto artigianali, ritengono che le garanzie fornite dalle denominazioni siano insufficienti perché troppo permissive, a fronte di un mare di controlli prettamente burocratici. 

Da molti decenni, in Italia si è quindi formato un movimento eterogeneo di produttori-artigiani di altissimo livello che ha deciso di restare fuori dalle DOC e imbottigliare vini senza denominazione. Il loro nome rappresenta quindi la sola garanzia della qualità del prodotto. 

I vini senza denominazione non devono evidenziare in etichetta né un'annata di produzione delle uve né il nome di un vitigno. Questo a meno che non siano "varietali", cioè fatti per almeno l'85% con una sola uva e con uve derivanti, sempre per l'85%, da una sola annata. 

Che cosa vuol dire "denominazione di ricaduta"? 

Il concetto di "denominazione di ricaduta" esiste nei fatti, ma non è regolato da una legge. 

Si definiscono informalmente "di ricaduta" quelle DOC o IGT, solitamente di estensione uguale o superiore alle altre insistenti sullo stesso territorio, in cui, per l'appunto, "ricadono" vini: 

  • che per qualsiasi motivo hanno subito un declassamento rispetto alla DOC o DOCG più nobile del territorio 
  • che sono concepiti per rappresentare la versione più giovane e immediata della DOC o DOCG più nobile del territorio 
  • per i quali il produttore ha volutamente rifiutato di reclamare la DOC o la DOCG più nobile del territorio 

Anche in questo caso, quindi, non è detto che nella denominazione di ricaduta rientrino vini di basso livello. Spesso, anzi, qualche Rosso di Montalcino DOC altro non è che un Brunello di Montalcino cui, per motivi legati ad esempio all'andamento dell'annata, è mancato un requisito per ottenere la DOCG. 

Qual è la denominazione italiana più estesa? E la più piccola? 

La denominazione italiana più grande è la DOC Delle Venezie, che copre buona parte del Triveneto ed è stata creata soprattutto per tutelare il pinot grigio. Con qualcosa come 500 milioni di bottiglie prodotte all'anno, è però la DOC Prosecco a vincere la palma per volume produttivo. 

L'Italia però si distingue soprattutto per la dimensione media delle DOC, che è molto piccola. Al di qua delle Alpi, infatti, le denominazioni tutelano soprattutto le piccole perle enologiche del territorio. La DOC più piccola d'Italia è in Piemonte e si chiama Loazzolo DOC, dedicata al moscato bianco passito. 

Quante denominazioni d'origine ci sono in Italia? 

Attualmente in Italia si contano 77 DOCG, 331 DOC e 118 IGT. Alcune di queste denominazioni sono interregionali, cioè si trovano a cavallo tra due regioni, come la DOC Lugana tra Lombardia e Veneto.

Mappa delle denominazioni d'origine italiane più importanti

Volete consultare delle mappe aggiornate e complete sul vino italiano? Italvinus le ha preparate per voi!

Vi basterà visitare la nostra completissima guida essenziale al vino italiano e troverete tutte le infografiche che desiderate!

Quali sono le denominazioni d'origine più premiate in Italia? 

Stilare una classifica delle DOC italiane è molto difficile. 

Ci sono regioni sfavorite dal fatto di essere piene di piccolissime DOC che pochi conoscono, ma che fanno grandi vini, come la Sicilia. In altre regioni, come la Toscana, spesso le DOC sono "snobbate" da produttori che, forti ormai di un solido nome nel mondo del vino, non hanno bisogno di rivendicarle. 

Ad ogni modo, le principali denominazioni d'origine del vino italiano, divise per regioni, sono: 

Valle d'Aosta

Piemonte

Lombardia

Veneto

Friuli-Venezia Giulia

Trentino-Alto Adige

Liguria

Emilia-Romagna

Marche

Toscana

Umbria

Lazio

Abruzzo

Molise

Campania

Basilicata

Puglia

Calabria

Sicilia

Sardegna